Nel tardo pomeriggio, mentre erano le 19 circa, molto probabilmente a causa dell’asfalto reso insidioso dalla pioggia …
Dopo la lettera pubblicata ieri nella rubrica “L’angolo dei lettori” ad opera di Luigino Ciarlo , le reazioni sono state diverse, tra le quali alcune riflessioni sulla coesione
civica della Comunità Morconese che riportiamo di seguito integralmente. Per ulteriori repliche e altri contribuiti c’è sempre la possibilità di scriverci utilizzando l’apposito modulo che trovate in fondo alla pagina.
Giustamente, Luigino Ciarlo pone l’attenzione su alcune concause che mettono in forse la creazione di un gruppo di volontari di Protezione Civile a Morcone. La partecipazione cittadina ad un gruppo di volontari di protezione civile non è solo un fatto tecnico/funzionale; In pratica, la possibilità di un intervento tempestivo in caso di calamità, fatto da soggetti che conoscono il territorio e le persone che vi dimorano.
Un gruppo di Protezione Civile è l’indice di un determinato grado di coesione di una comunità civica. Anzi, è soprattutto questo. Esso esprime la capacità di un gruppo umano di riconoscersi come appartenente di una data comunità, sia essa geografica, amministrativa, linguistica, economica, ecc.
Con questa premessa, non mi stupisce affatto, che il gruppo non si sia formato, sono sincero. E penso abbia scarse possibilità di formarsi, da quanto capisco.La nostra comunità è molto disgregata, non ha alcun elemento identitario in cui potersi riconoscere.
Non si creda che questa condizione sia frutto di casualità. La disgregazione del senso di appartenenza alle comunità è frutto di piani ben precisi. Risultato di politiche ben organizzate in tal senso e attuate nelle nostre aree già dagli anni Ottanta del Novecento.Sono stati fatti saltare così, tutti gli elementi identitari della nostra comunità.
- Quelli estetici ad esempio. Ormai le nostre case somigliano a quelle delle orripilanti periferie lombarde. Realizzate senza alcun rispetto di un criterio minimo, sia riguardo ai materiali utilizzati, sia riguardo ai colori e alle condizioni dei luoghi. Con una pessima ricezione di schemi edilizi estranei al nostro contesto.
- Per non parlare dei criteri economici. La nostra vocazione (come del resto di tutto il Meridione) è quella di un’agricoltura di qualità. “Poco e buono”, per capirsi. Invece, la nostra attività primaria è esattamente quella degli anni Settanta; Senza alcuna eccellenza. Per poter contare produzioni biologiche certificate, bisogna procedere col lanternino e doversi poi fermare al massimo di tre. Non vi è un consorzio, non uno, per la valorizzazione dei nostri prodotti agricoli e di allevamento!
Il resto delle attività in altri settori, è di fatto inesistente. Procede tutto per forza d’inerzia.
Miracolosamente, non si sa bene come (si fa per dire)!- Per non parlare dell’aspetto legato al turismo. Un’area, fino a poco tempo fa intatta, che si ritrova senza alcuna organizzazione di ricezione. Senza riconoscibilità territoriale.
Pensare che abbiamo un centro storico da far invidia a molti borghi. Potremmo competere con Montepulciano, Todi, Brisighella, tanto per citare a caso. Non vi è un piano di rivalutazione di questo splendido contesto storico-architettonico. Non vi è un piano di accoglienza e/o albergo diffuso. Non esiste un piano di recupero dell’edilizia storica, né un piano di reinserimento abitativo per un centro storico tra i meglio conservati e tra i più ampi dell’intero Sannio.- Non parliamo dei giovani: ovviamente, chi può se ne va! Ci si sparpaglia per l’Italia in cerca di uno stipendiuccio misero, quando ci sarebbero i presupposti per svolgere libere attività nelle nostre zone.
Le politiche fin qui attuate sono esattamente rivolte verso la disgregazione sociale. Esse attuano contrapposizione tra gli interessi dei cittadini; Per quanto si parli di interessi miseri.
Chi abita nel centro storico si trova a competere con chi sta in periferia. Chi abita in Montagna è messo volutamente a competere con chi sta a Piana, senza che ve ne siano i presupposti reali, in quanto le due realtà sono totalmente differenti, ma storicamente e strutturalmente complementari. I collegamenti tra le contrade sono inesistenti, vergognosi direi. Le strade da Quinto Mondo.In questa situazione, dove potremmo trovare la coesione civica? E come la si potrebbe trovare?
Un gruppo di Volontari di Protezione Civile implica comunanza di interessi, coesione culturale. Implica persone che conoscono e pensano il territorio in cui abitano in modo consapevole. Un tale gruppo può essere espresso da una comunità dotata di obiettivi. Gli obiettivi della Comunità sono anche quelli dei suoi singoli componenti.Tutto questo è esattamente quello che non si vuole. Le persone non devono pensare, non devono essere consapevoli! Altrimenti come si potrebbe accettare che sul territorio più fragile del proprio Comune, per questo sottoposto a “vincolo idrogeologico”, si possano impiantare strutture industriali rilevanti?
Come si potrebbe accettare che l’intero sistema idrogeologico, a monte delle proprie case, possa essere stravolto? Come si può accettare di vivere in un centro abitato che tra alcuni mesi sarà a “rischio Sarno”? Cioè vi è il rischio che l’intera Montagna frani a valle e seppellisca tutto quello che incontra. Come appunto è successo a Sarno.
Di tutto ciò, quanto la comunità morconese è informata e consapevole? Luigino Ciarlo è apprezzabile per il suo senso civico invidiabile. Ma quanti Morconesi sono dotati di altrettanto senso civico? Però, io li ritengo solo per metà colpevoli di questa loro mancanza.
L’altra parte mancante di cultura civica, dovrà essere imputata a chi ha responsabilità in questa comunità e chi ne ha avute in passato.autore Pasquale Marino
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